venerdì 28 novembre 2008

A CHE PUNTO E' LA CONCRETA APPLICAZIONE DELLA MOUDAWANA NEL PAESE MUSULMANO PIU' SENSIBILE AI DIRITTI DELLE DONNE

LA GIORNATA DELLA DONNA E' UN ANACRONISMO

Cinque anni dopo il discorso del re, del 10 ottobre 2008, che presentava come effettiva la riforma del diritto di famiglia, la Moudwana, ecco l’intevista a due avvocatesse impegnate nella causa femminista marocchina per fare il punto sulla situazione.

Fadéla Sebti (nella foto, ndr) avvocato accreditata nel Foro di Casablanca, è una teorica del diritto delle donne marocchine. A lei si deve il primo approccio giuridico dell'evoluzione di questi diritti attraverso la sua guida ai diritti e agli obblighi, “Vivere musulmana in Marocco” (L.G.D.J. Parigi, 1986). Militante, ha anche permesso l'introduzione del contratto di matrimonio. Anche autrice del romanzo “io, Mirella, quando ero Yasmina” (il fennec, 1995).
Zahia Amoumou avvocato accreditata nel Foro di Casablanca, consulente per la Lega Democratica per i diritti donne (LDDF) nonch’ per la Fondazione nazionale per la solidarietà con le donne in emergenza (Insaf), e membro dell'Associazione democratica delle donne del Marocco (ADFM). Mediatrice per i litigi familiari, quest’avvocatessa di prima linea lavora oggi sulle problematiche delle donne marocchine immigrate all'estero.

Dopo quasi cinque anni dall’applicazione, quali sono i principali successi e gli inadempimenti della nuova Moudawana?

Z.A: Il matrimonio dei minorenni resta un grande interrogativo. Nei villaggi, i giudici concedono ancora troppo facilmente l'autorizzazione al matrimonio a ragazze di 13 o 14 anni. Si sarebbero voluto proibire totalmente il matrimonio dei minorenni, o comunque penalizzare i genitori che vi ricorrevano. E questo perché, molto spesso, il giudice vede messo dinanzi al fatto compiuto. Quando un padre fa un ricatto, presentandosi con la figlia già sposata con la “fatiha” o addirittura già incinta, il giudice non può che accettare la richiesta di matrimonio nel superiore interesse del bambino. Passano in secondo piano i diritti della ragazza, in particolare quello all’istruzione. Questo margine di manovra accollato al magistrato è troppo grande.
F.S: Appena quattro anni fa, una donna non poteva divorziare senza il consenso del coniuge. E, quando avveniva, era dopo lunghi anni di cause. Ma poteva essere ripudiata nel segreto di un retrobottega. Ormai, l'uguaglianza è un fatto di diritto. Solo la giustizia può risolvere i divorzi, e la solennità dell'aspetto giudiziario è un approccio che valorizza lo status di cittadino. La rapidità delle procedure (sei mesi al massimo) è certamente un punto a favore del nuovo codice della famiglia.

Il numero di divorzi è del resto aumentato in questi ultimi anni. Come interpretare quest'evoluzione?

F.S: L'entrata in vigore del nuovo codice della famiglia ha portato alla luce il disagio latente nell'ambito della coppia. Viveva una situazione paradossale: tradizionale quanto alla suddivisione dei compiti e delle responsabilità, moderna quanto al concorso materiale di ciascuno dei coniugi ai carichi familiari. Questa situazione esplosiva ha generato una nuova generazione di donne marocchine, poco propense a vivere soltanto un aspetto della loro vita. Capaci di coniugare l’uguaglianza per la loro vita professionale e la loro vita maritale. Sicure di esse, del loro valore intrinseco e del loro potere economico, sono meno disposte che le loro antenate a sopportare gli inconvenienti del matrimonio.

In quanto avvocatesse, osservate un'evoluzione dei comportamenti delle coppie in tematiche contemplate nel codice della famiglia?

Z.A: Genitori o fratelli sono favorevoli, almeno quando si tratta della figlia, della sorella o della madre. Ma quando parliamo della moglie, allora è diverso. Si osserva un vero sdoppiamento della personalità. Lo scorso febbraio, a Casablanca, un giudice ha considerato il lavoro domestico come un contributo della donna. Il magistrato gli ha dunque assegnato un'indennità: mentre il marito lavorava fuori, lei ha vegliato sui beni della casa e sui i bambini. Ha contribuito alla loro istruzione. Il dispositivo parla “di sforzo„ effettuato dalla donna, sforzo che ha permesso all'uomo di lavorare ed aumentare il suo patrimonio. È un lavoro condiviso. L'articolo è vago, ma il giudice saputo interpretare positivamente la situazione lavorando attorno alla parola “sforzo”. Questo giudice, che è anziano, ha dato prova di una grande audacia.

Quali sanzioni sono previste verso i giudici che non applicano correttamente la Moudawana?

F.S: Nessuna. Spetta al querelante respinto fare appello e, eventualmente, rifarsi in cassazione. (Fonte: "Kritikon")
Quattro anni dopo la sua promulgazione, il nuovo codice della famiglia è oggi una realtà nelle campagne?


F.S: Il problema non deve essere posto in questi termini. La questione non è di sapere se la riforma del diritto della famiglia ha ricevuto un eco nelle campagne. La riforma è lì. E se in campagna essa non ha ancora preso il volo non è un problema. Resta il fatto che, quando le ragazze ed i ragazzi istruito avranno notizia di questi diritti, li faranno propri. Li integreranno, generazione dopo generazione, nei loro comportamenti sociali.

Secondo voi, il lavoro di sensibilizzazione a questo nuovo testo ha stato sufficiente?

F.S: No. Ma non si può sempre accusare questa o quella istituzione. Il principio fondamentale è la legge non ammette ignoranza. Mi farete certamente notare l’alto tasso di analfabetismo. Ma questa è la vita. Occorre tempo.
Z.A: Lo sforzo di sensibilizzazione non è stato sufficiente. Coloro che non avevano stipulato un atto di matrimonio disponevano di cinque anni per regolarizzare la loro situazione, fino a febbraio 2009. Ma molti di essi non sanno nulla dell’incombenza. Lo Stato deve informarli, fare DVD anche in lingue dialettali, ad esempio, come fanno talune associazioni. Detto ciò, è bene ricordare che molte donne di livello socioeconomico medio non conoscono i loro diritti, mentre invece donne dei sobborghi più degradati, sono in tribunale, da attendere che sia aperto il loro fascicolo. Ognuna racconta la propria storia: una cugina o una vicina che hanno divorziato e sono riuscite a difendersi. L’ottenimento di diritti prima inesistenti. Si acculturano da sole. La donna non è più chiusa in uno spazio delimitato. Sa che esiste una legge che la difende, che penalizza ad esempio la violenza coniugale (articolo 404 del codice penale). Prima, si diceva che “non vale la pena di fare causa, tanto non cambierà nulla”.

Dopo il grande combattimento della Moudawana, dove ne è aujourd' oggi il movimento femminista?

Z.A: Ora, si chiede un vero tribunale della famiglia, come ne esiste per il commercio e l'amministrazione. Il suddetto tribunale della famiglia al Habous ne non è uno, ma appena una sezione del tribunale civile. Come nuovo combattimento, resta tutto uno lavoro sul diritto penale, per lottare contro tutto ciò che è discriminando tra i sessi nella legge.
F.S: Il movimento femminista si è un po'soffiato sul piano delle rivendicazioni. È normale. Dopo venti anni di combattimento, che sono arrivati all'attuale codice della famiglia, un'altra generazione si è realizzata. Non ha le stesse rivendicazioni, né le stesse preoccupazioni.

Il ministero della giustizia ha redatto, per la prima volta dall’entrata in vigore del codice della famiglia, un bilancio per l’anno 2007. Reso pubblico nel febbraio scorso, è stato criticato da molte associazioni femministe, che gli rimproverano di aver omesso una valutazione rigorosa dell’effettiva applicazione del nuovo testo.

• Quasi 300.000 i matrimoni celebrati con la nuova legge, con un aumento del 9% rispetto al 2006 (mentre nel 2004, primo anno dell'applicazione, si era rilevato un ribasso del 10%).
• Il numero di divorzi è aumentato del 14% tra il 2006 ed il 2007, le donne due volte più numerose degli uomini nel richiederli (più di 26.000 contro meno di 14.000).
La poligamia arretra: coinvolge soltanto lo 0,3% dei matrimoni contratti, e fa seguito ad un precedente contrazione del 3,6% registrata dal 2005 al 2006.
Il matrimonio dei minorenni rappresenta ancora un'unione su dieci. Nel 2007, l’85% delle domande sono state accettate. Secondo l'indagine della lega democratica dei diritti della donna (LDDF) nel 2006, la regione di Marrakech ha il record del paese: 1200 accettate su 2000 depositate.
• La prova DNA di paternità, per provare la figliolanza al di fuori del matrimonio, si applica molto difficilmente: il test è costoso (3000 DH), a carico della donna e resta sottoposta alla discrezione del padre supposto.

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