martedì 29 luglio 2008

DONNE KAMIKAZE

BAGDAD - Tre donne kamikaze si sono fatte esplodere tra la folla di una processione sciita a Bagdad e hanno ucciso almeno 32 persone ferendone altre 102. Tra i feriti anche donne e bambini.


LA RETE DI AL-QAEDA. LE STRAGI DELLE DONNE KAMIKAZE: 57 MORTI

L'immaginetta di Loula Abboud è in bianco e nero, lo sfondo rosso e sulla sinistra la «falce e martello».Loula, 19 anni, era una libanese, di religione cristiano-ortodossa, membro del Partito nazionale pro-siriano. E' stata lei, con la sua compagna Sana'a Mehaidi, a indicare la via del martirio a dozzine di donne facendosi saltare contro un convoglio israeliano in Libano. Era il 1985.Da allora molte altre le hanno imitate. E non solo in Medio Oriente o in regione popolate da musulmani, come la Cecenia o la Palestina. Le kamikaze sono diventato fabbriche di morte nello Sri Lanka e in Kurdistan. Oggi sono la principale arma di distruzione di massa in Iraq. Dal 2003 a oggi sono state quasi una cinquantina e altre 122 — sostengono le autorità forse esagerando — non sono riuscite a portare a termine l'azione. Il Pentagono segue con preoccupazione il ricorso alle kamikaze, qualche volta in coppia con un minore. A inquietarli la tendenza: nel 2007 erano state «appena» otto, quest'anno sono triplicate. Un fenomeno che ha sollecitato studi e rapporti. Anche se l'ideologo qaedista Ayman Al Zawahiri ha affermato che le donne devono preoccuparsi di combattenti e figli, i leader locali non hanno avuto dubbi a usarle con la benedizione di imam compiacenti. I militanti ripetono quanto hanno visto fare dai loro fratelli di lotta. Dopo l'11 settembre le mujahidaat diventano una firma per gli attacchi. Le «vedove nere» cecene escono alla scoperto con l'assalto al teatro di Mosca, fanno saltare aerei e si lanciano in una gara con le palestinesi. (Fonte: "Corsera") È il 27 gennaio 2002 quando l'infermiera Wafa Idris, che allevava piccioni e si occupava degli handicappati, entra in un negozio di Gerusalemme, chiede il prezzo di un paio di scarpe e un momento dopo aziona una carica esplosiva tra la folla. E, di nuovo, sono stati i gruppi cosiddetti laici ad accettare le donne mentre Hamas e la Jihad hanno atteso a lungo ritenendo che non fosse ammesso il loro impiego. Nel 2003, è l'uzbeka Dilnova Holmuradova ad agire a Tashkent. Viene da una buona famiglia, parla cinque lingue ma diventa una «sorella benedetta » massacrando 47 persone su ordine di un gruppuscolo islamista. Il modello fa scuola e con la crisi in Iraq le kamikaze entrano in forze nel conflitto. Le prime due si uccidono a un posto di blocco nei primi giorni dell'invasione con Saddam ancora al potere: non erano straniere ma irachene. E lo sono quelle che seguono. Come Wenza Mutlaq, 30 anni, con il fratello attentatore suicida e il marito caduto in battaglia, immolatasi il 22 giugno. O la madre che ha avuto cinque figli uccisi nei combattimenti. Per la studiosa Farhana Ali sono le «quattro R» (in inglese) a trasformare una madre di famiglia in assassina: 1) La vendetta ( revenge) per la perdita di un familiare. 2) Dimostrare ( reassurance) che la donna è in grado di imitare l'uomo. 3) Reclutare ( recruit) altre simpatizzanti e dare l'esempio. 4) Ottenere il rispetto e la considerazione sociale ( respect) della comunità. L'età media oscilla tra i 15 e i 35 anni, provengono da aree povere, in alcuni casi erano le spose dei volontari jihadisti stranieri poi diventati «martiri». A queste spiegazioni se ne aggiunge una fondamentale: le donne hanno più possibilità di aggirare i controlli e arrivare sul bersaglio. Per fermarle a Bagdad hanno formato l'unità le «Figlie del-l'Iraq », altre donne che perquisiscono ed eseguono l'ultimo controllo. Uno scudo umano contro le bombe che camminano.

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